3 motivi per cui Odio i meme sulla multipotenzialità (anche se li uso)

3 motivi per cui Odio i meme sulla multipotenzialità (anche se li uso)

Ebbene si odio i meme sulla multipotenzialità.

 

E se odio quelli sulla multipotenzialità, tendo ad odiare in egual misura quelli legati  all’ ADHD e a tutti i dsa, pseudolimitanti o meno che siano.


Ho provato nel tempo a farmi piacere quella forma di contenuto mirato a ironizzare su atteggiamenti e dinamiche peculiari di determinati temi, spesso delicati, talvolta meno.

 

Contenuti rapidi, figli della fast-content, in cui viene presa una caratteristica emblematica di un disturbo o di un’attitudine, e viene trasformata, impacchettata, ironizzata e resa un inno.

 

Ci ho riflettuto molto.

In fondo amo l’ironia, tendo a depotenziare qualsiasi cosa abbia un peso specifico dal mio punto di vista eccessivo.

Eppure i meme mi hanno sempre infastidito.

 

Ci ho pensato, ho buttato giù alcune righe e ne è uscito questo articolo.

 

Leggilo fino alla fine perchè la morale è moderatamente sensata. 

multipotenzialità e produttività

Ciao sono Dino! 

Sono passato in alcuni anni dall’essere un tecnico avviato ad una carriera di progettazione, a diventare un direttore artistico in grado di organizzare oltre 500 concerti, per poi trasformarmi di nuovo in quello che sono oggi.  Un marketer. Fino a quando vorrò.

multipotenzialità e produttività

Ciao sono Dino! 

Sono passato in alcuni anni dall’essere un tecnico avviato ad una carriera di progettazione, a diventare un direttore artistico in grado di organizzare oltre 500 concerti, per poi trasformarmi di nuovo in quello che sono oggi.  Un marketer e soprattutto un amichevole professore di quartiere. Fino a quando vorrò.

Cosa è un meme?

Un meme è un contenuto – solitamente un’immagine con testo (o un breve video), che ironizza o rappresenta in modo semplificato e facilmente riconoscibile alcuni aspetti della vita quotidiana, delle personalità o delle difficoltà di un gruppo di persone, ad esempio chi ha attitudine multipotenziale. 

 

Di solito, sono brevi, immediati e basati su battute o osservazioni veloci, e sono pensati per far sentire chi li vede “compreso” o per creare una connessione attraverso l’umorismo e l’identificazione.

 

Nel caso di persone con attitudine multipotenziale, i meme sono spesso costruiti su luoghi comuni o situazioni tipiche, come:

 

  • Incertezza e indecisione: meme che mostrano una persona che non riesce a scegliere tra decine di passioni e interessi.

  • Sbalzi di interesse: meme che rappresentano l’idea di passare da un hobby o un progetto all’altro, come fosse una cosa inevitabile e caotica.

  • Autosabotaggio e procrastinazione: meme che scherzano sul non riuscire a completare nulla per via dell’impulso a iniziare sempre qualcosa di nuovo.

SEI IN DIFFICOLTÁ?

I tuoi molteplici interessi ti stanno mettendo in scacco e ti hanno impedito di crearti un percorso lavorativo chiaro ed appagante? Se ti va ho pensato di aprire questo spazio sicuro. Un modo per fare due parole e darsi una pacca sulla spalla a vicenda. Ovviamente non costa nulla.

SE INVECE SAI CHE UN CAFFÈ NON BASTERÁ, DAI UN’CCHIATA A QUESTA PAGINA.

In un certo senso, sono come una “foto” umoristica di comportamenti e caratteristiche riconoscibili di chi è multipotenziale, ma, proprio per il loro bisogno di essere immediati e divertenti, non riescono a cogliere la complessità e le sfumature di queste situazioni. 

 

Ecco quindi il punto. Il risultato è che, spesso, invece di rappresentare e valorizzare la ricchezza della multipotenzialità, i meme rischiano di creare un’immagine stereotipata e limitante.

 

E questo forse è il problema minore.


Ci sono almeno 3 motivi per cui guardare un meme, riderne e poi fare spallucce e comportarsi come non lo avessimo mai letto è la scelta più saggia.

 

E probabilmente dovresti conoscerli.

Te li racconto ora.

1. Semplificazione della multipotenzialità: da ricchezza a disorganizzazione

 I meme sulla multipotenzialità spesso riducono questo tratto a una “crisi di identità” o a un’“etichetta di caos”, dove l’attenzione si sposta su difficoltà come la mancanza di focus, la tendenza a cambiare direzione e la fatica a completare i progetti. 

 

Questo approccio rischia di ridurre la multipotenzialità a un difetto o a una sorta di “malattia della modernità,” anziché valorizzarla come una risorsa che può portare ad adattabilità, creatività e innovazione.

 

Fatto salvo che ancora oggi definire il concetto di multipotenzialità è tutto fuorché una passeggiata, spostare il focus da ricchezza a manifestazione di totale anarchia, va bene solo a tratti.

 

Per l’appunto, un meme deve strappare un sorriso e nulla di più.

E invece, sovente non accade solo questo e si passa di filato al punto due che ti paleso ora.

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2. Umorismo che alimenta convinzioni limitanti e stereotipi

I meme che rappresentano la multipotenzialità con ironia possono essere divertenti, ma rischiano di scoraggiare un approccio proattivo verso la propria attitudine. 

 

Te lo riscrivo.
Scoraggiare un approccio proattivo verso la propria attitudine.

 

In sostanza, se ci si abitua a pensare che “essere multipotenziale vuol dire non riuscire a trovare la propria strada,” si finisce per rafforzare l’idea che questo tratto sia un ostacolo, qualcosa che non si può o non si deve “risolvere.” 

 

Una persona multipotenziale fatica senza dubbio a trovare la propria strada. Questo non significa che non si possa fare moltissimo a riguardo.

 

I meme però, per loro conformazione, per la rapidità di fruizione, invece di cercare strategie per bilanciare i propri interessi, portano spesso ad accettare passivamente una descrizione talvolta stereotipata come “normale”.

 

In soldoni, ti portano a rassegnarti all’idea di non riuscire a portare nulla a termine. E che sia normale e non ci sia soluzione. 

Ed ecco servito il punto 3.

produttività e multipotenzialità

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3. Normalizzazione di atteggiamenti dannosi

Quando i meme scherzano su comportamenti potenzialmente problematici, come la procrastinazione o la disorganizzazione, possono finire per “normalizzarli.” 

Eattamente come dicevamo nel punto due.
Conseguenza?

 

Le persone potrebbero sentirsi sollevate nel vedere che altri hanno gli stessi problemi, ma al contempo potrebbero rinunciare a cercare soluzioni, pensando che questi atteggiamenti siano inevitabili o addirittura accettabili, invece che affrontabili e migliorabili.

In sostanza.
Da un lato bellissimo non sentirsi soli.

Dall’altro, il fatto di sentirsi legittimati nel cementarsi in corto circuiti continui perché “così sono e non ci posso fare nulla”, è un danno clamoroso.

 
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I meme vanno bene solo in un caso.

Quale è questo caso?

Solo se sono vissuti come una micro parentesi goliardica che dura il tempo che dura. E non come una verità nella quale identificarsi.

In sostanza.

 

I meme hanno un valore importante perché creano una dinamica di comunità e fanno sentire le persone meno sole nelle loro sfide quotidiane. 

L’umorismo condiviso genera una connessione tra chi vive situazioni simili, offrendo un momento di sollievo e comprensione. 

 

Tuttavia, quando i meme diventano l’unico modo con cui si affrontano certe difficoltà, rischiano di incoraggiare una rassegnazione che frena il desiderio di migliorarsi. 

 

In questi casi, il meme smette di essere una battuta e si trasforma in una “verità” che limita, portando la persona a pensare che sia impossibile cambiare. 

 

È importante ricordare che i meme sono solo un modo per scherzare su alcuni tratti o situazioni, non una rappresentazione definitiva di come siamo o dovremmo essere. 

 

Se invece di fermarsi alla battuta si sceglie di prendere in mano le proprie competenze e di lavorare consapevolmente su ciò che si può migliorare, il risultato sarà una crescita autentica e un maggiore benessere. 

 

Ridere di sé stessi va benissimo, ma ancora meglio è riuscire a prendere le proprie difficoltà e trasformarle in opportunità di crescita.

 

Odio quasi sempre i meme

Ho iniziato questo articolo dicendo che odio i meme. 

E in parte è vero, ma forse dovrei dire che li odio quasi sempre. 

 

La verità è che, a volte, mi capita di sorridere quando mi imbatto in un contenuto che si consuma in pochi secondi e nel quale mi rivedo – o, ancora meglio, rivedo una versione passata di me stesso. 

Quella parte di me che, vedendo un difetto, anche attraverso un meme, ha deciso di lavorarci, senza limitarsi a dire “sono fatto così”.

E si, talvolta nei miei contenuti li uso anche io.

 

Ho scritto questo articolo perché mi è servito tempo per capire cosa non mi convincesse di questa forma di comunicazione. 

 

Molto spesso, infatti, durante le sessioni di coaching, mi ritrovo a parlare con persone che si identificano troppo in uno stereotipo, al punto da dimenticare il proprio vero valore. 

 

Uno stereotipo è solo un’etichetta: noi siamo molto, molto di più. Nasconderci dietro la scusa del “sono così” ci impedisce di vedere quanto possiamo veramente offrire. 

Ci impedisce di vedere chi realmente possiamo diventare. Ci impedisce di aspirare ad essere di più.

 

Che ne pensi? 

 

Fammi sapere la tua riflessione in merito, scrivimi pure un’email. 

Ti auguro una buona giornata e ci risentiamo la prossima settimana.

Produttività, preduttività e gestione del tempo
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